Il concetto del Perpetuelle nasce per aumentare l’espressività territoriale, perchè permette di mettere insieme le caratteristiche di tante annate diverse: anno dopo anno la botte viene parzialmente “scolmata" (svuotata) e quel vino viene usato per comporre le cuvée, e la botte viene poi ri-riempita con il vino della nuova annata. Tendenzialmente si mantengono le linee di vitigno e, quando si parla di Cru o sotto zone o vigne, si mantiene anche la stessa provenienza dell’uva oltre che il colore e la provenienza della bacca.
La Perpetuelle, "quelli di Gussago" la portano avanti con un concetto che nasce dai vin de reserve, tutti derivati dall’unione armonica di tante annate diverse in una singola botte, a differenza del Solera in cui troviamo un collegamento piramidale di diverse botti.
Concettualmente la Solera ha bisogno di tante botti, tante strutture e una situazione molto più articolata, complessa e legata ad una forte storicità perché per fare delle Solera ci vogliono veramente decenni e decenni di lavoro e costanza.
Nel metodo classico, e in particolare con Nicola si parla invece di Perpetuelle; le sensazioni non sono molto differenti, anzi abbastanza simili quando si raggiungono certe età.
Ci sono diversi tipi di Perpetuelle: i “vin de reserve” passano dalle botti più vecchie che Nicola ha in cantina e che hanno più o meno 17/18 anni, quindi un concetto che parte dal 2003/2004 - proprio all’inizio del percorso della cantina - portando avanti le prime annate di vendemmia e mantenendo un paio di botti che poi sono diventate 37 di vin de reserve.
Ci sono vin de reserve che hanno Perpetuelle di 18 annate, altri ne hanno 15 / 14, quelle più giovani ne hanno 5 / 6.
Per chiamarsi vin de reserve, per poterlo definire tale e per far si che sia caratterizzante e identitario, fino al 4° anno Nicola non lo utilizza; una Perpetuelle fino al 4° anno di aggiunte - quindi fino alla 4 annata - non viene considerata utilizzabile, almeno da Nicola all’intento di una cuvée. Lo utilizza nel Quattrocento, nell’Ombra invece non ci sono vin de reserve.
Dal quattrocento in poi iniziano ad esser presenti nelle cuvée i vin de reserve.
Si parte dalle Perpetuelle più giovani, che hanno circa 5 / 6 anni e che iniziano a entrare in contatto con con la cuvée del Quattrocento, per poi passare a quelle di 8 / 10 anni sui nature, e arrivare sui micro dosaggi di vin de reserve più vecchi, vini molto più conservati.
Nel tempo Nicola ha pensato a un vino che fosse solo un vin de reserve e da qui nasce il 5.15, la prima annata Perpettuelle, metodo classico. Successivamente nascono la 6.16, la 7.17 in due versioni: pinot nero e chardonnay - la nostra, l’8.18 che è la quarta edizione del pinot nero e la seconda edizione per quello a base di chardonnay.
È la valorizzazione del vin de reserve all’intento di una bottiglia che è iper rappresentativa del metodo e anche del terroir da cui proviene.
L’identità di tutte queste annate fuse insieme è la rappresentazione di memoria nel tempo, come se ci fosse un filo conduttore che tiene insieme le perle della collana e ogni perla rappresenta un'annata che all’intento di una botte perpetua si presenta con tutte le sue sfaccettature e la sua profondità.